La legge del Mare, la legge degli Uomini

Pubblichiamo oggi il racconto di Francesco Staglianò che si è aggiudicato il secondo posto ex aequo nella sezione Narrativa, La legge del Mare, la legge degli Uomini.

La legge del Mare, la legge degli Uomini

Sono Calabrese di Krotone.
Vivo nella casa che costruì il mio bisnonno, davanti al mare, proprio al confine tra la sabbia e la terra di “Acaia” forte, scura, generosa di viti e noccioli.
La casa è tutta a pianoterra, lunga distesa come una “masseria”, però senza granaio.
E’ rimasta praticamente come l’aveva pensata e costruita il mio avo.
E’ fatta di tre camere, la cucina, il locale per le provviste e le salamoie, due bagni con wc alla turca provvisti di grandi vasconi di pietra per lavarsi, la grande rimessa per la barca, le reti e gli attrezzi di ogni genere.
Aveva due grandi entrate ad arco con robuste porte di castagno, una a monte dove c’era l’orto, e l’altra aperta verso il mare dove si svolgeva l’attività marinaresca.
Dico “aveva” perché al posto degli orti ora c’è la “provinciale” che era stata tracciata già ai tempi di mio padre con il doloroso esproprio della terra.
In conseguenza di ciò, lui aveva deciso di murare, dal lato della casa esposto al traffico, sia la porta di entrata che le finestre.
Sono… Ero un pescatore come il mio bisnonno, mio nonno e mio padre.
Loro hanno fatto ciascuno un solo figlio da tramandare al mondo, io neanche quello.
E sono l’ultimo, e sono solo da quando mio padre se n’è andato in pace, in fretta e con un sorriso stampato sulla sua bella faccia abbrustolita dal sole e dal sale, guardando un sanguinoso tramonto di primavera, dopo una lunga giornata di pesca abbondante , fulminato da un infarto.
Al mare devo tutto : la mia vita, la mia forza, la mia gioia, la mia fatica, la mie lacrime, le mie bestemmie!
Amore e odio e timore, tanto timore, per quella “femmina” gelosa e dispettosa!
Più amore però, odio poco, quasi niente… Niente!
Io e il mare eravamo una cosa sola.
Insieme sempre, dall’alba al tramonto a lottare insieme, talvolta contro.
Esattamente come succede nel mondo animale.
Certe volte, quando la fatica diventava insopportabile e pensavo che, in fin dei conti, non valesse poi così tanto la pena resistergli, gli urlavo in faccia con tutta la rabbia che avevo in corpo:

E allora prendimi cazzo! E facciamola finita, che aspetti…
A quel punto lui si quietava quasi all’improvviso, come se io l’avessi subitamente guarito da un attacco di devastanti convulsioni febbrili, spargendogli sul petto dell’abbondante olio balsamico tiepido.
Mi consentiva di rifiatare cinque minuti, boccheggiante, sul fondo della barca e mi faceva tirare su la rete ricca del mio sudore e della sua generosità.
Io allora capivo quanto anche lui, a modo suo, mi amasse!
Voleva solo mettermi alla prova, come un’amante gelosa!
Per questa ragione ho avuto poco spazio e poco tempo per amare, come si deve, anche una donna.
“Lui” aveva pure deciso quando era arrivata l’ora che smettessi di solleticarlo con la mia prua, perché mi giudicava ormai troppo vecchio e troppo debole per reggere anche soltanto le sue “bonacce”.
Ero rientrato da una “battuta” per la verità molto scarsa, e avevo agganciato il cavo all’anello di poppa per tirare la barca in secca sulle guide di legno ben ingrassate.
La barca aveva guadagnato solo qualche metro di spiaggia, quando il motorino dell’argano aveva pensato bene di bruciarsi!

Poco male – avevo brontolato con rassegnazione.
“Lui” era una tavola, avrei provveduto alla riparazione l’indomani presto.
Mi ero sbagliato di brutto!
In piena notte ero stato svegliato dal sibilo del vento di burrasca e dal “suo” spaventoso ruggito.
Il mio primo pensiero era stato: “La barca è andata!”
Rassegnato, stranamente in pace, mi ero girato dall’altra parte e avevo continuato a ronfare.
L’indomani non ero più un pescatore!
Neanche un rottame della mia splendida e fedele “Adelina”, meglio così.
“Lui” aveva voluto evitarmi la visione dolorosa dello scempio!
Portava il nome di mia nonna la barca che mio padre, per una serie di complicate ma fortunate combinazioni, si era procurata in Liguria da un maestro d’ascia di Monterosso.
Era un magnifico gozzo ligure entrobordo di trentaquattro palmi, otto metri e mezzo. Ben tenute, quelle sono barche che durano un’eternità.
Ma era andata così, amen!
Da quella notte il mare lo ascolto,
gli parlo,
lo stuzzico con la mia talentuosa canna a lancio,
lo respiro,
lo ammiro,
mi immergo nei suoi freschi misteri,
mi avvolgo nella sua pelle.
Insomma, continuiamo ad amarci con lo spirito pacificato, o, non so se sia appropriato dire, “nella pace dei sensi”…
La notte scorsa pensavo di essere nel bel mezzo di un sogno che è diventato ricorrente negli ultimi tempi: sentivo urlare delle voci che somigliavano a quelle di mio nonno e mio padre senza, tuttavia, percepire il significato delle parole.

Cosa dite – urlavo a mia volta – fatemi capire!
Nel sonno profondo sentivo il cuore battere forte, respiravo a fatica, avvertivo un pericolo imminente…
“Devo svegliarmi” mi dicevo, mentre le voci mi trapanavano i timpani…
Finalmente sveglio!
Esco dall’incubo… Ma no!
Sento ancora quelle voci strazianti. Sono maledettamente vere ora! Voci roche di uomini, stridule di donne e di bambini!
All’improvviso capisco! Balzo dal letto!
Già corro scalzo sulla sabbia fredda e umida verso l’acqua buia da dove provengono le voci, smorzate a tratti, dal fragore dalle onde che si spezzano sulla spiaggia.
Mi accorgo di non essere solo, una piccola folla corre insieme a me.

Facciamo presto – mi dice una mia vicina, di corsa – c’è gente in mare che chiede aiuto!
Sorrido di traverso.
Mi dava la notizia come se si rivolgesse ad un ignaro turista un po’ stravagante intento a fare jogging in piena notte e in pigiama!
Istintivamente accelero l’andatura.
Alcuni già si tuffano nelle acque agitate e nuotano vigorosamente verso i fratelli in pericolo.
Formiamo spontaneamente, senza dirci una parola, una catena umana. Io sono un “anello” immerso nell’acqua fino al petto.
Tante mani tremanti, stremate si afferrano alle mie in un ultimo disperato sforzo verso la salvezza!
Quelle mani mi trasmettono paura e gratitudine! Sono frastornato dall’emozione.
La spiaggia è ora disseminata di corpi ansimanti.
Bisogna portarli al riparo, al caldo, bisogna curarli, presto!… Arrivano i soccorsi, tempestivamente.
Sono stanco e ho un freddo boia.
Con il pigiama grondante…
Se in testa avessi un cappellaccio di paglia rosicchiato dai topi, potrei essere scambiato per un perfetto spaventapasseri.
Ma sono felice di quella pesca preziosa!
Sono felice per me, orgoglioso dei miei compaesani.
Mentre mi avvio alla volta casa do un’occhiata verso quella spumeggiante semioscurità che ricambia con un veloce baluginio più intenso:
“Ma che cavolo di pesci mi hai portato stanotte?” Mormoro ridacchiando come un ebete.

“Be’ – mi sembra di sentire la “sua” solita voce che si fa grave e gorgogliante quando ha da dirmi qualcosa di fondamentale – sai che ti dico? Che sono fiero di te! Bravo, ti sei comportato bene, e anche gli altri. Avete onorato la mia legge che ho trasmesso agli uomini e che adesso è la legge degli uomini, di tutti gli Uomini. Chi non la rispetta, o non la fa rispettare, non è degno di definirsi uomo!”
Mi avvio a capo chino verso casa.
Non mi sento più tanto felice, anzi, sono incazzato e neanche tanto fiero di stare in un mondo che non sa, o non vuole, trovare rimedio a tanta miseria, a tanta paura, a tanta disperazione!
Per il resto, l’ho sempre pensata esattamente come “lui”, che la “sua” legge dovrebbe essere la legge di tutti gli uomini. Uomini…
Ma adesso ho bisogno urgente di un bagno caldo che mi rimetta in circolazione il sangue prima di diventare uno stoccafisso finlandese rinsecchito!
Quando sarà tempo, ho intenzione di chiedere alle autorità il permesso di prendere con me tre di quei fratelli, magari una coppia con un bambino.
Chissà, si potrebbe comprare una nuova barca da pesca e rinverdire la tradizione di famiglia.
Sarà come se avessi fatto anche io un figlio da tramandare al mondo, e un’altra creatura da educare alla “legge del mare” per una umanità migliore!
Senza contare che non sarei più solo e potrei, con il tempo, sentirmi pure chiamare “nonno”. Chissà!
Sono Calabrese di Krotone, e sono un Uomo!

5 Risposte a “La legge del Mare, la legge degli Uomini”

  1. Sì non è male, però alla faccia dello “Show, don’t tell”! Per metà è raccontato anziché mostrato. E vi sono alcuni errori: dopo il punto si mette la maiuscola. Me lo hanno insegnato alle elementari…

    1. Ringraziamo la lettrice attenta per la segnalazione delle maiuscole. Abbiamo provveduto alla correzione. Dobbiamo però segnalare che si tratta di un errore dovuto alla conversione dei programmi e quindi imputabile a noi e non all’autore del testo, il quale le maiuscole le aveva messe.

  2. bel racconto, ben scritto , ricco d’umanità e per nulla svenevole, condotto con mano sicura ed elegante. complimenti!

  3. Un racconto degno di uno scrittore che conosce i valori della vita. Narrazione esemplare sotto il profilo psicologico. Scrittura dinamica e molto fluida e la parte descrittiva è funzionale alle dinamiche del racconto. Mi è piaciuto molto. Complimenti.

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