Ed eccoci al podio della sezione Poesia. Il 3° premio è andato a Giampiero Olivi con il suo Er mercante ‘n fiera, poesia che vi presentiamo in vernacolo originale e tradotta in italiano.
ER MERCANTE ‘N FIERA
Tirate su daje, nun fa’ er cretino… arzete!
Che lo scherzo è bello quanno dura poco!
Embè che d’è, che me significa ‘sta storia?
E che ce se saluta all’una de la notte
co’ la bocca piena de prese pe’ i fondelli pe’ ‘na sbronza
e ce se rivede a mezzogiorno
cor core devastato da ‘n’infarto?
Che razza de ricordo è
quello lassato come urtimo
‘n saluto sbiascicato e ‘nciafrujato
pe’ l’effetti inaspettati de ‘na doppio malto?
Perché ho capito ormai da ‘n sacco d’anni
che er ricordo che rimane pe’ l’eterno
è proprio l’urtimo in ordine de tempo.
E a me mo’ m’hai lassato
quer “saluteme tu’ moje” strascicato
e quer cappello che c’avevi in testa
che dentro me c’ho riso a più non posso
mentre cor braccio t’areggevo ar muro.
E che se more così, tutto d’un colpo
lassanno l’artri co’ la sensazione
che la vita in fondo nun è nient’altro
che un gigantesco gioco der Mercante:
se esce co’ ‘na botta de la sfiga
e chi rimane è ‘n sopravvissuto
che ogni vorta resta un po’ più solo
a cerca’ dei perché che nun ce stanno.
E a dove’ ammette co’ sé stesso
che è mejo di’ “Alla prox!” cor soriso
perché nun sempre te vie’ regalato
er tempo pe’ fa’ ciò che nun hai fatto.
Però me rendo conto co’ ‘no squarcio
tra mille passi indietro e mille avanti
tra te sdraiato e gli sguardi smarriti
de chi sta qui incredulo e sconvolto
che forse piagne ‘n mezzo a li ricordi
è solo ‘no schiaffone a chi è partito.
Se ce sta un modo pe’ rendeje onore
è de continua’ ciò che ha iniziato
de mette’ a frutto ciò che c’ha insegnato
cosi che er tempo suo nun l’ha sprecato.
Voi vede che ‘sta partenza all’improvviso
finisce pe’ aiutamme a trova’ er modo
de chiude quello strappo che c’ho dentro
pe’ quer dolore forte de cinque anni
da quando un artro lui se n’è volato?
E anche se in cervello me ritrovo
quer tuo saluto mezzo ‘nciafrujato
e quer cappello che tra me ho sfottuto
te dico: “Ciao amico mio, io mo’ ce provo!”
IL MERCANTE IN FIERA
Tirati su dai, non fare il cretino… alzati!
Che lo scherzo è bello quando dura poco!
E che cos’è, che vuol dire questa storia?
E che ci si saluta all’una di notte
prendendosi tanto in giro per una sbornia
e ci si rivede a mezzogiorno
con il cuore distrutto da un infarto?
Che razza di ricordo è
quello che resterà l’ultimo
un saluto strascicato e confuso
per le conseguenze inaspettate di una birra doppio malto?
Perché sono ormai tanti anni che ho capito
che il ricordo che resterà per sempre
è proprio l’ultimo in ordine di tempo.
E a me adesso hai lasciato
quel “salutami tua moglie” strascicato
e quel cappello che portavi in testa
di cui dentro di me ho riso a crepapelle
mentre con il braccio ti sostenevo appoggiato al muro.
E che si muore così, improvvisamente
lasciando gli altri con la sensazione
che la vita in fondo non è altro
che un grande Mercante in Fiera:
si esce per un colpo di sfortuna
e chi rimane è un sopravvissuto
che ad ogni uscita rimane un po’ più solo
a cercare delle spiegazioni che non ci sono.
E a dover ammettere a sé stesso
che è meglio dire “Alla prossima!” con un sorriso
perché non sempre ti viene concesso
il tempo di fare ciò che non hai fatto.
Però mi rendo conto in un barlume di lucidità
dopo aver fatto mille volte avanti e indietro
tra te sdraiato nella bara e gli sguardi smarriti
delle persone incredule e sconvolte che sono qui
che forse piangere sui ricordi
significa solo offendere chi non c’è più.
Se c’è un modo per onorarne la memoria
è continuare quello che ha iniziato
mettere a frutto i suoi insegnamenti
in modo che non abbia sprecato la sua vita.
Vuoi vedere che questa improvvisa morte
finisce per aiutarmi a trovare il modo
di ricucire quello strappo che ho ancora dentro di me
a causa di quel forte dolore che dura da cinque anni
da quando un altro a me caro è morto?
E anche se nella mia mente continuo ad avere
il tuo saluto un po’ confuso
e quel cappello che ho preso in giro tra me e me
ti dico “Ciao amico mio, proverò a fare come ho detto!”
Molto bella!
Grazie!
Ho goduto la musicalità, l’intonazione, l’ironia del romanesco, lingua che riecheggia la mia adolescenza e i tre anni delle scuole medie frequentate nella città unica al mondo Roma. Bravo Gianpiero!
Grazie tante per i complimenti!
Si amalgamano sapientemente i toni leggeri e ironici con la drammaticità del fatto!
Sembra di assistere ad una scena di un vecchio film in bianco e nero! Mi ha emozionato!
Grazie fa sempre piacere ricevere complimenti soprattutto perché l’arte, in ogni espressione, è molto personale, non è automatico trasmettere quello che si prova di persona