DEPRESSIONE COVID 19

Incominciamo la pubblicazione delle opere vincitrici delle tre sezioni del Premio Letterario Clepsamia 2020. Oggi presentiamo DEPRESSIONE COVID 19 il saggio con il quale Vincenza Simonetti si è classificata al 5° posto assoluto.

DEPRESSIONE COVID 19 di Vincenza Simonetti

La pandemia Coronavirus del marzo 2020 passerà alla storia e parlerà di un terribile virus influenzale arrivato dalla Cina e mai studiato prima. Ci siamo trovati tutti davanti all’inaspettato. Il mondo sembrava fermarsi in attesa di una bella stagione che tardava a venire.
In collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, la Treccani ha isolato, nel frattempo, un dizionario di termini cruciali per aiutare gli utenti nella comprensione dell’emergenza sanitaria. In tempi normali avrebbe visto prevalere parole come profilassi o medicina, ora invece si è passati a paziente zero, letalità, quarantena, stress, infodemia e anche al termine draconiano, in riferimento a provvedimenti rigorosissimi e intransigenti.
Nella I fase per orientarci abbiamo cercato il significato di epidemia, contagio, virus, poi ci siamo chiesti come comportarci e, a questo punto, è stata registrata una grande ricerca della parola resilienza, accanto a casa, responsabilità, resistenza attiva. Vuol dire che c’era voglia di reagire, trovare una soluzione.
Un bel segnale.
Se rimani a lungo a casa, è normale confinare nell’ansia che, come un piccolo ruscello, attraversa la mente e, se alimentata, può diventare un torrente che annegherà tutti i nostri pensieri. L’ansia, scatenata dalla paura, inizia con un piccolo timore e si evolve producendo una vera e propria fobia dinanzi a una minaccia che riteniamo possa essere letale.
Lo tsunami del Covid 19 ci ha preso alla sprovvista immettendoci in un tempo di prova e solitudine di fronte a una malattia sconosciuta e potenzialmente mortale: da una parte i colpiti dal virus con la consapevolezza della fallibilità della scienza, soli e lontani dai legami affettivi dove vacilla la speranza di guarigione in una sensazione di alternanza di alti e bassi, di buio e luce, attraversati dal dolore fisico anche se accompagnati da medici, infermieri e terapie spesso inadeguate; dall’altra i restanti esseri umani tutti in quarantena forzata che, nell’assenza di un contatto fisico, vivono una condizione di isolamento sociale che comporta inevitabilmente un incremento del malessere psicologico soprattutto per chi è a rischio di cadute depressive.
A sostegno della situazione creatasi c’è stata una particolare attenzione alla salute mentale con l’apertura ai supporti digitali come le video chat per superare la burocrazia e fare attività psicologiche, psicoterapeutiche e psichiatriche.
Quando c’è divieto di uscire, se non per ragioni importanti, fare assembramenti, salutarsi con baci e abbracci e, quindi,vietato fare festa, andare a messa, fare una passeggiata, andare alle prove di musica, in palestra, a tennis, è normale sentirsi turbato e ansioso. Il primo passo è riconoscere e accettare queste emozioni, ossia essere onesti nei confronti dei tuoi sentimenti, non reprimerli e non cercare di cambiarli.
Ciò aiuta a gestirle.

Gli elementi più consoni a mitigare le preoccupazioni inevitabili all’insorgere della pandemia sono:

  1. La famiglia: per chi ce l’ha, è molto importante perché è uno degli elementi che aiutano di più a superare le difficoltà e ha un effetto protettivo antistress soprattutto se diventa un momento di condivisioni di gioie e sofferenze che aiuta a trovare meccanismi di difesa interna.
  2. Dieta equilibrata che includa cibi vari e un programma di sonno regolare, importante per la salute e per il sistema immunitario. Il sonno profondo, in particolare, riduce l’ansia.
  3. Meditazione o mindfullness: gli studi dimostrano che queste pratiche possono condurre a una visione più positiva della vita e occorre farle concentrandosi sul respiro (inspirazione ed espirazione, chiudendo gli occhi e facendo rilassare il corpo). Anche la riproduzione di musica soft in sottofondo può essere di aiuto.
  4. L’esercizio fisico: può migliorare l’umore, alleviare lo stress e l’ansia e funziona per persone di tutte le età. A soccorso vengono scaricate le apposite app di fitness o i video tutorial su Youtube:
  5. Lontananza da sovraccarico di informazioni che, secondo l’Oms, fa più male del coronavirus perché a volte sono inaffidabili come le “fake news”.
  6. Le comunicazioni digitali: soddisfano il nostro bisogno di socializzare . Fortunatamente oggi è diventato più semplice connettersi con parenti e amici e chiamare o chattare aiuta a condividere le emozioni.
    Da ricerche statistiche sulla popolazione è emerso che la maggior parte ha accettato le azioni di mitigazione mettendo in moto nuove abitudini a favore di quelle sopra descritte, la parte restante si è divisa fra coloro che si lasciano andare assecondando il pensiero fatalista del “tanto non vi è nulla che possiamo fare” e fra chi si ribella alle Autorità assecondando il proprio opportunismo egoista, ossia testimoniando, con la propria disubbidienza, la sfiducia e la rabbia verso le istituzioni.
    Le emozioni, purtroppo, sono processi fondamentali multicomponenziali.
    Ecco perché bisogna gestire non le emozioni in sé ma la perdita di controllo, l’interruzione della “stabilità interna” e la capacità di contemperare la reazione automatica addomesticandola con la mente.
    Tutti noi mettiamo in atto meccanismi mentali e comportamenti sviluppatisi durante l’intero arco di evoluzione della nostra specie. In particolare, i comportamenti di salvaguardia individuali e del nucleo familiare sono primitivi,basilari e automatici ma ciò che era funzionale un tempo non sempre lo è ai giorni nostri. Per ovviare a ciò la mente insegue processi di assimilazione e confronto per somiglianza con quanto già si conosce e così affrontare l’ignoto ci rassicura. Purtroppo il Covid 19 e la derivante pandemia non assomiglia a quello che abbiamo sperimentato in passato.

Fino ad ora, solo due tipi di Coronavirus erano risultati molto pericolosi: SARS-CoV, responsabile della Sindrome Respiratoria Acuta Grave (SARS) comparsa nel 2003 in Cina e MERS-CoV, che invece ha causato la Sindrome Respiratoria Mediorientale (MERS) nel 2012 in Giordania e Medio Oriente.
Il SARS-CoV-2 è stato identificato in Cina nel dicembre 2019 e fa parte della stessa famiglia di virus. Sebbene non sia letale quanto i suoi cugini SARS e MERS, la sua diffusione estremamente rapida ha portato l’ Organizzazione Mondiale della Sanità, lo scorso 30 gennaio, a dichiarare il focolaio da nuovo Coronavirus, un’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale.
Si pensa che l’infezione sia partita da un mercato di animali della città cinese di Wuhan. Infatti il virus si trasmette da uomo a uomo in modo molto simile all’influenza e ad altri virus respiratori. Il virus viaggia nell’aria, attraverso le goccioline prodotte durante tosse e starnuti. Per questa rapidità di trasmissione il nuovo virus si è diffuso rapidamente in tutto il mondo.
Il SARS –CoV2 causa la malattia COVID 19, sigla decisa dall’OMS (“CO” per “corona”, “VI” per “virus” e “D” per “disease”, che vuol dire “malattia” in inglese). Una volta contratta la malattia iniziano a comparire i primi sintomi, molto simili a quelli dell’influenza: febbre e tosse ma anche raffreddore, mal di testa, mal di gola e, in alcuni casi, possono manifestarsi complicanze come bronchite e polmonite, nonché insufficienza di molti organi, come i reni e il cuore (nei casi più gravi).
Si è parlato molto anche di nuovo Coronavirus asintomatico, ovvero della possibilità di essere positivi al SARS-CoV-2 senza manifestare particolari sintomi. Il nuovo Coronavirus colpisce anche i bambini,con sintomi lievi, che sembrano essere meno sensibili al COVID 19, probabilmente perché hanno un sistema immunitario particolarmente reattivo e efficace.
Una volta avvenuto il contagio, adulti e bambini possono trasmettere il virus agli altri. Per questo motivo vengono messi in “quarantena”, col solo contatto via internet.
Il virus ormai si è impadronito dell’intero mondo e delle nostre vite paralizzando ogni cosa al suo passaggio. Si sente nell’aria, si avverte nei gesti, negli sguardi impauriti e smarriti. Non esiste un vaccino in merito e vengono adottate misure di prevenzione utili per tutte le malattie infettive respiratorie.
Per non farsi prendere dal panico vengono in aiuto i consigli digitali con esercizi da fare a casa con i bimbi, nonché delle divertenti attività ludico-motorie. Esperti dell’ospedale “Bambino Gesù”, in Roma, hanno stilato una guida al nuovo Coronavirus, in relazione anche alle diverse patologie di cui possono essere affetti i pazienti: in particolare i cardiopatici, gli ipertesi, i diabetici, le persone con problemi respiratori e i forti fumatori:
Mani e tosse: applicare con rigore le ormai note misure di prevenzione che sono le uniche valide per proteggere la saluta propria e quella degli altri (lavare le mani frequentemente con detergenti e soluzioni alcooliche o solo con acqua e sapone, non tossire o starnutire di fronte alle persone ed evitare luoghi affollati;

Nord vietato : nel Nord Italia (come Lombardia subito diventata zona rossa, Piemonte) si sono registrati i primi focolai di infezione;

Casi da ospedale : solo in una minoranza di casi, l’infezione da Coronavirus può dar luogo a quelle complicanze da trattare in ospedale o, in rianimazione, nei casi più gravi. Il virus,
infatti, può provocare una polmonite e un’insufficienza respiratoria da richiedere l’intubazione del paziente (circa il 20%) o complicanze cardiache (circa il 16%), infarti (circa il 7%) e il 4% circa può rischiare, addirittura, una grave forma di insufficienza renale acuta;

Terapia : nella maggioranza dei casi è solo di supporto non disponendo farmaci efficaci contro il Covid; il trattamento dell’infezione parte solo nella cura delle complicanze;

Stop fai – da – te : è inutile assumere antibiotici perché trattasi di infezione virale e non batterica e gli antivirali a disposizione non sono efficaci nel caso in specie;

Organi da salvare: i medici mirano a supportare la funzione respiratoria con ossigeno attraverso anche l’intubazione del malato, il cuore (con terapie anti-ischemia miocardica o terapie antiritmiche) e i reni con la dialisi;

Teleconsulto: è molto utile ricorrere al teleconsulto con i medici, inviando loro, per WhatsApp o e-mail, parametri sullo stato di salute soprattutto nel caso di ipertesi, bronchitici cronici,diabetici per non intasare i pronto soccorso o lo studio dei medici di base;

Sospetto: un protocollo operativo prevede un triage telefonico a mezzo del quale il paziente descrive i sintomi avvertiti, la loro durata, nonché l’eventuale soggiorno, nei quattordici giorni precedenti,in Cina, nelle zone rosse dell’Italia settentrionale o il contatto con probabili contagiati;

Ambulanza speciale: Solo in caso sospetto l’individuo andrà in un’autoambulanza attrezzata alle misure di contenimento dove verrà sottoposto ad un primo tampone e assistito secondo le indicazioni del triage in vigore.
L’Italia, come evidenziato da più parti, è il fronte più avanzato nella guerra contro la pandemia e rappresenta un laboratorio naturale per misurare, scientificamente, l’efficacia delle azioni di mitigazione attivate, dalla sua trasmissione, a come difendersi dal contagio in famiglia.
Contro il Covid 19 ogni tentativo è apprezzabile come la possibilità di utilizzo del sangue dei pazienti guariti o, ultimamente, del plasma dei convalescenti contro il virus Sars-Cov-2 .
Nel plasma, ottenuto da un macchinario detto separatore cellulare perché toglie dal sangue la parte non corpuscolata, confluiscono le proteine che si legano e neutralizzano corpi estranei come virus e batteri. Questi anticorpi rimangono, nella persona guarita, per un certo periodo di tempo, pronti a combattere quel virus nel caso ritorni.

Tradotto significa che possono aiutare il sistema immunitario della persona malata, accelerando il tempo necessario per sviluppare il proprio esercito di anticorpi.
Riguardo a quest’ultima terapia, il direttore scientifico dell’Istituto nazionale di malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma asserisce che è stata già provata ma sono necessari studi randomizzati controllati e centralizzati con il Governo nazionale.
Il presidente della Società europea di virologia, nonché professore emerito di Microbiologia dell’Università di Padova evidenzia che i cinesi per primi hanno dimostrato che il siero di convalescente era in grado di migliorare o addirittura di guarire il soggetto ma queste sperimentazioni non sono state fatte con trial clinici controllati ovvero, come già detto, con test in doppio cieco, randomizzati,che dovrebbero dare una risposta certa con metodo scientifico.
Gli studi clinici controllati randomizzati(dall’inglese randomized controller trial,RCT) sono studi sperimentali che permettono di valutare l’efficacia di uno specifico trattamento in una determinata popolazione. Con il termine trattamento si intendono convenzionalmente non solo le terapie, ma anche tutti gli interventi(diagnostici, di screening, di educazione sanitaria). Di solito è uno studio parallelo randomizzato di due gruppi di individui da svolgersi, nella maggioranza dei casi, in quattro fasi: reclutamento, intervento, follow–up ed analisi dati.
Dello stesso parere è il direttore del dipartimento di Onco-ematologia e Terapia cellulare e genica dell’ospedale Pediatrico Bambino Gesù ma, in assenza di terapie specifiche, questa sperimentazione sarebbe il modo più efficace per trattare l’infezione e ridurre la mortalità dei pazienti critici.
Se questo, in parte ci può dare un po’ di serenità, è da sottolineare che, a parte i problemi respiratori, in modo indiretto, a causa anche dell’infodemia (abbondanza di informazioni, alcune accurate e altre no, che rendono difficile per le persone trovare fonti affidabili quando ne hanno bisogno) e del lockdown (protocollo d’emergenza che impedisce alle persone di muoversi da una determinata area per salvaguardare la salute) la pandemia da coronavirus può causare ansia e depressione.
Enrico Zanalda, presidente della SIP (Società italiana di psichiatria) ha dichiarato che trattasi di ansia post-traumatica, legata a ciò che abbiamo vissuto specie per i lutti, le perdite e per il danno economico. E’ impossibile evitare questi disagi, lo si è visto anche nel 2007 con la crisi economica e con l’aumento dei suicidi, ma si possono supportare coloro che durante la fase critica del Covid sono state più soggetti a situazioni di alto rischio o stress (morte di persone care, perdita lavoro, problema di salute).
Grazie ai progressi della medicina e alle tecnologie di cui oggi disponiamo, sono stati già messi a punto nuovi metodi per la diagnosi del SARS-Cov-2. Inoltre nuovi farmaci e vaccini sono in fase di sviluppo nei laboratori di tutto il mondo. Le istituzioni, prima fra tutte il Ministero della salute, hanno messo a disposizione degli utenti delle preziose risorse online: pagine, siti e canali dedicati alla corretta informazione sull’infezione da nuovo Coronavirus.
Urge portare la centralità alla salute mentale e stare vicino a chi già soffre e stimolarlo ad essere resiliente.

Gli eventi storici in cui abbiamo avuto il lockdown ce ne sono stati negli ultimi tempi:
settembre 2001: sulla scia degli attacchi dell’11 settembre allo Twin Towers di New York, fu avviato un blocco di tre giorni dello spazio aereo civile americano;

dicembre 2005: la polizia del Nuovo Galles del Sud, in Australia, avviò un blocco della Sutherland Shire e di altre aree di spiaggia del Nuovo Galles per contenere la rivolta di Cronulla tra suprematisti bianchi e la polizia australiana;

30 gennaio 2008 : è stato dimostrato all’Università della British Columbia (UBC) un esempio di lockdown di un campus/scuola che, in seguito ad una minaccia sconosciuta, ha costretto la Royal Canadian Mounted Police (RCMP) a emettere un blocco su uno degli edifici del campus per sei ore, isolando l’area;

10 aprile 2008 : due scuole secondarie in Canada sono state chiuse a causa di sospette minacce di armi da fuoco. La George S. Henry Academy fu rinchiusa a Toronto, in Ontario, mentre la New Westminster Secondary School fu chiusa a New Westminster, nella British Columbia;

19 aprile 2013 : l’intera città di Boston è stata chiusa e tutti i trasporti pubblici sono stati fermati durante la caccia all’uomo del terrorista islamista Dzhokhar e Tamerlan Tsarnaev, i sospettati dell’attentato alla maratona di Boston, mentre la città di Watertown è rimasta sotto il pattugliamento della polizia armata, durante ricerche sistematiche casa per casa;

blocco di Bruxelles del 2015 : la città è stata chiusa per giorni mentre i servizi di sicurezza hanno cercato sospetti coinvolti negli attacchi di Parigi nel novembre dello stesso anno. Sempre nel 2015, una minaccia terroristica ha causato la chiusura del Distretto scolastico unificato di Los Angeles del 2015.

Tali blocchi, che dettano misure riguardanti il lockdown, vengono avviati dalle autorità e le relative restrizioni possono amplificarsi in quei luoghi dove si sperimenta già una condizione di costrizione, come le carceri. I prigionieri vivono già una situazione di distacco sociale e, inoltre, sono legati da una routine quotidiana ed estremamente ripetitiva.
Ecco perché queste persone risultano più vulnerabili in questo tempo di pandemia e ciò spiega anche la loro ribellione in Italia, quando è venuta meno la speranza di vedere i propri congiunti, l’unico legame esistente con la vita esterna.
Anche in Columbia sono esplose rivolte nelle carceri quando i detenuti hanno appreso del diffondersi del coronavirus.
Bisogna, però, riconoscere l’utilità delle misure suddette quando vengono utilizzate per proteggere le persone all’interno di una struttura.

E’ noto che il nostro sistema sanitario garantisce assistenza alle donne vittime di violenza attraverso strutture facenti capo al settore materno-infantile (esempio tipico è il consultorio familiare). In merito sono state adottate linee guida nazionali per le Aziende sanitarie, le Aziende ospedaliere in tema di prevenzione, soccorso e assistenza a tali categorie vittime di violenza e stalking.
La violenza sulle donne è stato sempre un problema di sanità pubblica per le ripercussioni che ha sui sistemi sanitari e assistenziali.
Ecco perché, in periodo di emergenza Covid 19, le case rifugio e i centri antiviolenza sono stati aperti nonostante l’emergenza e, nel mese di aprile, sono pervenute oltre mille richieste di aiuto in più.
Per le donne vittime di violenza sono stati istituiti appositi numeri telefonici e App da contattare:
numero rosa 1522, antiviolenza e anti stalking che fornisce assistenza e supporto 24 ore su 24.
App 1522 disponibile su IOS e Android, che consente alle donne di chattare con le operatrici e chiedere aiuto e informazioni in sicurezza, senza correre il rischio ulteriore di essere ascoltate dai loro aggressori.
App “Youpol”. Realizzata dalla Polizia di Stato per segnalare episodi di spaccio e bullismo, l’App è stata estesa anche ai reati di violenza che si consumano tra le mura domestiche.
Centri antiviolenza. La mappa dei centri è disponibile sul sito del Dipartimento della Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio. 
Consultori familiari. La mappa è disponibile sul sito del Ministero della salute. 
In un’era come quella che stiamo vivendo in seguito alla pandemia del coronavirus, la paura della situazione nuova, inattesa e potenzialmente dannosa per la salute nostra e dei nostri familiari e la necessità di isolamento sociale comportano un incremento del malessere psicologico e predispongono al rischio di cadute depressive. 
La difficoltà di adattamento alla situazione di incertezza prolungata nel tempo, si ripercuote sul comportamento, sull’emotività, sull’umore generando ansia, insonnia, panico e depressione, come segnalato da molte persone.
Importante è l’attivazione di una rete di intervento per fornire un supporto psicosociale immediato sia per le categorie più a rischio, quali gli operatori sociosanitari coinvolti nel Covid-19, che per i parenti delle vittime e per la popolazione generale.
Da dati statistici emerge che le donne sono più soggette degli uomini alla depressione. L’associazione di questa patologia con il sesso femminile è stata osservata praticamente in tutti gli studi concernenti i disturbi mentali.
In genere il rapporto tra prevalenza dei disturbi depressivi negli uomini e nelle donne è di 1 a 2. La maggiore frequenza di depressione nelle donne comincia in età adolescenziale, subito dopo il menarca.

Ecco una mappa della situazione:

Depressione post partum: ne sono colpite dal 7 al 12% delle neomamme
La depressione post-partum colpisce, con diversi livelli di gravità, dal 7 al 12% delle neomamme ed esordisce generalmente tra la 6ª e la 12ª  settimana dopo la nascita del figlio, con episodi che durano tipicamente da 2 a 6 mesi. La donna si sente triste senza motivo, irritabile, facile al pianto, non all’altezza nei confronti degli impegni che la attendono. 
Covid-19, depressione e disturbi legati all’ansia 
Uno studio cinese condotto tra 1.000 operatori sanitari (medici e infermieri)  impegnati a Wuhan, e in prima linea per il contrasto all’epidemia, tra il 29 gennaio e il 3 febbraio,  ha evidenziato una maggiore incidenza della depressione e dei disturbi legati all’ansia e all’insonnia negli operatori donne.
Quasi l’80% egli intervistati erano donne ed è emerso che tali disturbi erano legati non solo al distanziamento sociale dai propri cari ma anche alla stigmatizzazione sociale a causa del proprio lavoro.
Particolare attenzione è stata riposta nelle donne in attesa. Il percorso nascita, infatti, è un momento importante nella vita della donna. Il SSN tutela questo percorso lungo ogni fase che lo compone: preconcezionale, gravidanza, parto, allattamento.
L’emergenza sanitaria, fra le altre problematiche cliniche e di salute pubblica, ha sollevato anche quelle relative alla organizzazione della rete perinatale relativamente alla gestione dell’infezione in gravidanza, alla possibile trasmissione materno-fetale dell’infezione prima, durante e dopo il parto, alla sicurezza della gestione congiunta puerpera-neonato e all’allattamento materno.
Sono state quindi emanate disposizioni per tutelare la salute e la  sicurezza della puerpera e del neonato. Ecco una sintesi di quanto contenuto nella Circolare del Ministero della salute del 31 marzo 2020.
Posticipare i controlli differibili
L’operatore che segue la gravidanza deve favorire la possibilità di posticipare i controlli differibili al fine di ridurre al minimo i contatti della donna in gravidanza con possibili fonti di contagio.
Predisporre aree di pre-triage nei Pronto Soccorso
Il Pronto Soccorso ostetrico di ogni Punto Nascita deve prevedere un’area di pre-triage garantendo un luogo di isolamento (stanza con bagno) e personale sanitario (ostetriche e medici ginecologi) dotato di Dispositivi di Protezione Individuale.
Gestione dei casi sospetti nella struttura dove afferisce la donna incinta
In attesa della conferma dei dati di laboratorio, i casi sospetti sono gestiti dalla Struttura a cui afferisce la donna gravida, individuando, come summenzionato, un posto isolato dove la gestante venga sempre assistita da personale dotato di DPI previsti dalla normativa vigente.
Nel caso in cui il tampone risulti positivo, in assenza di controindicazioni al trasferimento, la paziente verrà trasferita per la successiva gestione del caso, presso uno dei Centri di riferimento identificati a livello regionale.

In ogni Punto nascita percorsi specifici per donne non trasferibili negli centri  dedicati alle donne positive al virus
Ogni Punto Nascita deve predisporre un percorso per la gestione dell’assistenza ostetrica al travaglio/parto dei casi sospetti o accertati, per eventuali situazioni in cui vi sia una controindicazione al trasferimento della donna gravida in centri di riferimento specifici. A proposito delle donne che allattano, sono state adottate particolari misure nei protocolli delle autorità , supportati da esperti in materia, proprio per prevenire o ridurre i casi di depressione legati a questo stato particolare.
Alle stesse sono state date le seguenti informazioni utili per non cadere nell’infodemia :
Virus non presente nel latte materno: nessun motivo per non allattare 
Finora il virus non è stato rilevato nel latte materno, quindi considerate le informazioni scientifiche disponibili al momento e il potenziale protettivo del latte materno, si ritiene che, nel caso in cui la madre stia facendo gli accertamenti diagnostici o sia affetta da Covid-19, se le sue condizioni cliniche lo consentono e lei lo desideri, l’allattamento debba essere avviato e/o mantenuto, direttamente al seno o con latte materno spremuto.
Prima di allattare lavarsi le mani e usare la mascherina
Per ridurre il rischio di trasmissione al bambino/a, si raccomanda l’adozione delle procedure preventive come l’igiene delle mani e l’uso della mascherina durante la poppata, secondo le raccomandazioni del ministero della Salute. Nel caso in cui madre e bambino/a debbano essere temporaneamente separati, (in virtù di una infezione francamente sintomatica e successivo test positivo), si raccomanda di aiutare la madre a mantenere la produzione di latte attraverso la spremitura manuale o meccanica. Anche la spremitura del latte, manuale o meccanica, dovrà essere effettuata seguendo le stesse indicazioni igieniche.
Studi collegati ai problemi di depressione hanno portato alla luce soggetti ancora più fragili che già per natura vanno incontro a depressione in quanto la loro situazione attuale è derivata da eventi andati male o affetti venuti a mancare le cui conseguenze negative hanno comportato un celere stato depressivo.
Il riferimento è a quelle persone ospitate nei centri di accoglienza che in questo periodo di emergenza nazionale stanno fronteggiando enormi difficoltà.
Gli spazi, già limitati in condizioni normali, non bastano per assicurare distanze di sicurezze ed eventuali quarantene e chi si presenta a un dormitorio e ha la tosse non sta a casa, torna in strada, il luogo delle persone senza fissa dimora. (le stime ISTAT parlano di circa 50.000 persone di cui quasi 8.000 solo a Roma anche se dati non ufficiali ne contano solo 20.000 circa intorno alla Stazione Termini).
L’urgenza è stata quella di trovare luoghi separati dai centri di accoglienza, dai dormitori, dalle strutture diurne e dalle mense in cui i senzatetto che presentano sintomi o sono positivi al tampone possano trascorrere la quarantena senza sostare sui marciapiede delle strade.
Le misure varate dal D.P.C.M. dello scorso 8 marzo sono chiare, lapalissiane già dal titolo “Io resto a casa” e impongono una riscoperta del senso di comunità perché mense e dormitori sono luoghi affollati nei quali la distanza minima e le norme igieniche, con tutta la buona volontà di ospiti e operatori, non possono essere rispettate al meglio.

I centri di accoglienza spesso operano all’interno di fitte reti nazionali, specie in casi emergenziali.
I focolai, poi, fanno chiudere tali centri inadeguati.
Già in tempi normali nessuno si avvicinava ai senzatetto, li toccava li abbracciava, tranne gli operatori sociali che ora cercano di riconfigurare gli spazi sia per le mense che per le docce oltre a sanare gli ambienti, nonché a realizzare cartelloni multilingue chiari e ben visibili e ad usare presidi medici consigliati quali gel, mascherine, fazzoletti.
I servizi, comunque, non sono in grado di garantire assistenza agli ospiti positivi al tampone se non interviene la Protezione Civile e il Sindaco a trovare spazi più grandi atti a garantire la quarantena.
Un altro settore che ha immediato bisogno di aiuto è quello riguardante le case di cura e le case di riposo, attualmente assistite da sociosanitari, persone più che umane, meglio definite come gli eroi di questa pandemia.
Lavorano in strutture con sovraccarico di lavoro e spesso sono sottopagate, nonché prive di protezione adeguata.
Ma non sono solo gli anziani le vittime morali di questo periodo contingente, ci sono anche disabili gravi, malati di Alzheimer, altri affetti da patologie rare che venivano già scartati dalla società prima dell’emergenza corona virus e ora vivono una realtà aberrante nella nostra società.
Non assistere anziani o disabili per il solo fatto che lo sono è una discriminazione inammissibile che va contro ogni morale, solo per una visione pragmatica che conduce a una grande disumanizzazione. Molte le questioni dietro il dilemma etico, come ritenere che i giovani diano e gli anziani e i disabili ricevano soltanto. Non è così. Tutti danno e ricevono, ma il contributo degli anziani non è socialmente apprezzato perché non produttivo quanto a funzionalità economica.
Diverse associazioni hanno già lanciato l’allarme, come nel caso di “Alliance Vita”, da decenni punto di riferimento nella difesa proprio delle persone più vulnerabili, in questo periodo di contagio, di confinamento, di mancanza di mezzi materiali e umani e di saturazione dei servizi ospedalieri di rianimazione.
Questo porta, inevitabilmente, a una scelta (è successo in vari stati americani), con protocolli a sfavore degli anziani che, solo per essere in età avanzata, sono esclusi dal ricovero o dall’accesso a terapie intensive in caso di infezione Covid,
In alcuni casi le linee guida stilate dalle autorità sanitarie locali contraddicono il principio stabilito dall’Ufficio Federale Usa per i diritti civili, che chiede agli ospedali di non discriminare i pazienti in base a sesso, etnia o età. La Louisiana, ad esempio, non offre respiratori agli affetti da demenza grave o da Alzheimer avanzato.
Aberrante è poi diramare statistiche entusiastiche sull’età media dei morti da corona virus.
Questo sarebbe un segnale di poca civiltà propria di una società volgarmente giovanilista.
I vecchi sono i nostri padri e nonni che tengono aperte e calde le case anche quando i giovani figli sono lontani, per le strade del mondo a trovare fortuna.
La pandemia, insieme ai morti e ai malati, si porta dietro anche un altro fenomeno estremamente insidioso con cui fare i conti: sono i problemi psicologici provocati dal Covid-19 fra quanti, e sono tanti, sono stati toccati più dolorosamente dalla malattia.

Parliamo di medici e infermieri a contatto continuo con situazioni difficilissime, dei parenti delle persone ricoverate e degli stessi pazienti di coronavirus. Parliamo dei familiari delle vittime, che spesso non hanno neanche potuto dare l’ultimo saluto ai loro cari. In questo modo viene a mancare l’elaborazione fisiologica del lutto, per non parlare dello choc di chi si è visto portare via da casa un congiunto da operatori bardati con maschere e tute per poi sapere della sua morte a distanza di qualche giorno, immagine ricorrente fra i racconti raccolti dagli psicologi.
Per la fase 2 non c’è da farsi troppe illusioni. E’ probabile che, col ritorno alla normalità, aumentino le psicopatologie e i disturbi da stress post traumatico. Un po’ come succede in guerra, con tutte le differenze del caso. E poi, quando l’emergenza cesserà, bisognerà occuparsi anche dei pazienti già in carico ai servizi, dai bambini seguiti dalle neuropsichiatrie agli adulti, fino ai tossicodipendenti e ai dipendenti dal gioco. Tutte persone per cui l’assistenza ordinaria si è dovuta interrompere.
Medici e scienziati si chiedono come sarà la società mondiale dopo il corona virus. Uno studio di ricercatori ha cercato di sintetizzare gli effetti psicologici causati dalla quarantena, ossia dalla restrizione del movimento delle persone potenzialmente esposte a rischio Covid. Tradotto significa non poter frequentare le persone e i luoghi preferiti, separandosi da familiari e amici e perdendo margini di libertà di scelta.

Osservazioni e analisi sulla relazione fra quarantena e benessere mentale e fisico, esistono già, in quanto sono state eseguite altri episodi di epidemie SARS, ebola, febbre equina nel passato.
I sentimenti provati durante l’isolamento sono soprattutto negativi: paura, tristezza, nervosismo e senso di colpa per non parlare di maggiori casi di abuso da alcool e altre forme di dipendenza costrizione a dover restare a casa, isolati a causa del Covid.

Come già detto, la depressione post Coronavirus è uno dei temi che maggiormente sta mettendo in allarme gli psichiatri che prevedono una vera e propria ondata di disturbi del genere, anche quando si comincerà ad allentare la morsa delle prescrizioni da seguire e si cercherà di tornare alla normalità.

A cambiare è proprio l’approccio nei confronti della società.

Il vissuto emotivo, in alcuni casi, si è tradotto, anche a distanza di tempo, in depressione, rabbia, stress, insonnia, umore basso, dolore, confusione e addirittura in tentativi di suicidio.

La cronaca di questo periodo testimonia il caso di un’infermiera della Brianza, risultata positiva al tampone, che si è tolta la vita perché non ha retto al forte stress accumulato al reparto di terapia intensiva dove lavorava, nonché ai sensi di colpa per avere contagiato altre persone. Poi c’è l’angoscia di tipo economico e lavorativo.

Dopo che l’emergenza sarà finita, il rischio è che le persone potrebbero dimenticare la malattia ma diffidare degli altri senza saperne il motivo.

Questo perché le associazioni di pensiero negative creano ricordi più facili rispetto a quelle positive. Senz’altro la quarantena potrebbe stimolare un uso più sofisticato della tecnologia, un rinnovato apprezzamento per la vita all’aria aperta e l’ambiente.

E ancora potrebbe cambiare la percezione del nazionalismo, inteso come gratitudine per il personale socio sanitario che ha lavorato con dedizione per la salute della collettività.

Una delle conseguenze più pesanti della diffusione della pandemia è la crisi sanitaria che sta aggredendo i Sistemi sanitari nazionali di tutto il mondo e richiede, pertanto, agli enti preposti di mettere in atto politiche e strategie di prevenzione.

Gli esercenti di questo servizio, con i loro diversi ruoli e mansioni, dovranno affrontare una situazione non facile perché inciderà non solo sui carichi di lavoro e sulla loro stanchezza fisica, ma soprattutto sulla loro salute psicologica e metterà radici in un futuro disturbo da stress post-traumatico.

Gli operatori socio-sanitari hanno avuto un forte impatto con l’emergenza sanitaria, aggravatasi per la scarsità di risorse umane, luoghi attrezzati al soccorso e presidi che garantissero la sicurezza del personale.

Sono queste circostanze molto critiche che richiedono uno specifico e rapido addestramento nel fare scelte di soccorso dolorose perché indirizzate in primis alle vittime primarie e solo dopo a quelle secondarie.

Alcuni professionisti intervistati hanno dichiarato che sono spesso auto confinati in quanto quotidianamente a contatto con il rischio del contagio e, quindi, sperimentano un isolamento ulteriore non vivendo con le proprie famiglie.

È questo, il terreno su cui cresce il burnout e mette radici il futuro disturbo da stress post-traumatico.

Queste considerazioni a carattere narrativo trovano fondamento nei risultati di uno studio cinese effettuato durante l’epidemia della COVID-19 esplosa a gennaio 2020.
L’indagine ha coinvolto più di mille operatori sanitari che hanno assistito pazienti in reparti COVID-19 e in reparti posti in seconda e terza linea, riportando percentuali importanti di depressione (50%), ansia (circa 45%), insonnia (34%) e distress (circa72%), con particolare severità soprattutto per infermieri, donne e operatori di prima linea.
Circostanze analoghe sono emerse durante l’epidemia della SARS -1del 2003. Gli operatori sanitari temevano particolarmente il contagio e l’infezione della famiglia, degli amici e dei colleghi; avvertivano incertezza e stigmatizzazione; riferivano riluttanza al lavoro o contemplavano le dimissioni; riferivano di sperimentare alti livelli di stress, ansia e depressione.
In conseguenza di questa epidemia è stato osservato anche a distanza di tempo un’aumentata incidenza di disturbi post-traumatici da stress negli operatori più esposti al rischio di contagio .

È quindi legittimo immaginare come il peso della crisi generata da COVID-19 possa avere un impatto negativo anche nel lungo periodo sul benessere psicofisico dei sanitari.

L’Organizzazione mondiale della sanità ha predisposto delle specifiche raccomandazioni, incentrate soprattutto sul fornire indicazioni per un corretto utilizzo delle protezioni, per una sicura gestione clinica dei pazienti e per informare i lavoratori rispetto alla riorganizzazione delle attività ospedaliere.
Queste indicazioni pratiche, comparse anche su riviste scientifiche, sono rivolte alle Aziende sanitarie e ai Dirigenti delle strutture per la gestione dello stress tra gli operatori e sono linee guida e analisi dedicate alla condizione psicologica del personale sanitario durante la pandemia.

Agli organismi e riviste, si affiancano le  molte iniziative a supporto dei sanitari coinvolti in prima linea, attuate dalle Aziende sanitarie, tra cui servizi di supporto psicologico telefonico (o via Skype) o veri e propri ambulatori specialistici di salute mentale dedicati al sostegno dei professionisti sanitari coinvolti nell’emergenza e numeri attivi che in ogni regione sono messi a disposizione dall’Ordine degli psicologi o da Organizzazioni di volontariato.
E’ da considerare che gli addetti alla Sanità sono allo stremo delle forze ma continuano a svolgere il loro lavoro regalando sorrisi e sanando ferite. Fanno squadra, bardati dentro e senza difesa fuori, badando a disinfettare tutto, dalal flebo al bicchiere d’acqua e scrivendo la temperatura sul vetro prima che arrivi al computer.
Oltre alla crisi sanitaria si prospetta una crisi economica. La pandemia da Covid si abbatterà sulle attività commerciali che devono fare i conti con il fatturato zero dei due mesi di serrata totale e con una prospettiva incerta di riapertura nella fase due. Il lockdown prova aziende e artigiani.
Alcuni settori più di altri faranno fatica a ripartire, altri imprenditori potrebbero non avere le risorse idonee per risollevarsi dopo la prolungata inattività e con nuovi costi da sostenere per le misure varate dal governo in tema di sicurezza e contagio.
Si pensa che circa il 40% di gelaterie non riapriranno seguiti dal 30% dal comparto della ristorazione e dell’acconciatura. Allarmante è poi il calo di fatturato per alcuni settori: gli alberghi avranno una diminuzione di circa l’85%, seguiti dall’artigianato artistico, dal trasporto passeggeri su strada e dai parrucchieri e centri estetici. Alcuni di loro hanno deciso di non riaprire per non andare incontro al fallimento.
Il Fondo monetario internazionale indica nell’Italia uno degli anelli più deboli europei, seguita dalla Grecia. Per il nostro Paese si prospetta una crisi finanziaria peggiore della grande depressione 2008-2009.
L’analisi basata, invece, sullo studio delle serie storiche dell’andamento trimestrale del Pil italiano, per un periodo compreso tra il 2000 e il 2019 porta a pensare che sono di intensità maggiore le crisi prodotte da fattori interni o da cause endogene al sistema economico perché intaccano la stessa struttura produttiva proprio perché a medio-lungo termine. Al contrario le crisi dovute a fattori esterni o esogeni (cause epidemiologiche) hanno una durata più breve e una più rapida ripresa proprio perché concentrate nel tempo, con forte aumento della disoccupazione e caduta del Pil nei primi trimestri ma con un recupero più celere rispetto alla I fase

Per ora sono solo ipotesi che il futuro declamerà in modo positivo o negativo.
Ma se è il tempo di stare fermi nel mondo è anche il tempo dove la nostra vulnerabilità è stata smascherata e l’ambiguità della globalizzazione ci ha fatto scoprire il nuovo coronavirus quando si era già infiltrato come nemico invisibile. Di certo possiamo dire che questa pandemia ha messo in crisi tre miti della società progressista di oggi:

  1. Potenza invincibile della tecnica e della scienza che non ci ha salvaguardato;
  2. Incrollabilità del sapere tecnico-scientifico messo alla prova;
  3. L’idea diffusa dell’Ego che basta a se stesso (il corona virus ci ha dimostrato il contrario).
    Questo Covid 19 ha mandato tutti in quarantena ma ha aperto i cuori, le comunicazioni digitali trasformando l’emergenza in manifestazioni sincere di affetto. Paradossalmente anche la chiusura delle chiese ha portato a un desiderio verso l’Eucarestia a dispetto delle teorie sulla secolarizzazione del mondo. Per i credenti in Cristo l’uomo non potrà mai vivere senza l’amore di Dio che ci rende una sola famiglia, aventi diritto a un’equa condivisione dei beni della terra.
    Secondo” la teoria del conforto religioso” in ogni disastro naturale del passato è stata forte la ricerca della Fede, quale aiuto alla propria vita. Avvenne in alcuni paesi americani, dopo la caduta delle Torri gemelle l’11 settembre 2001, a Christhurch in Nuova Zelanda nel 2011, a seguito di eventi sismici, oggi la ripropone la vicenda drammatica del Coronavirus.
    Voler estromettere Dio dalla sfera pubblica non rende la società migliore ma ne mette in evidenza gli aspetti deleteri che si manifestano nelle lotte e guerre fratricide, gli uni contro gli altri.